I quattrocento colpi, uscito nel 1959, è il primo lungometraggio del regista francese François Truffaut. Il protagonista Antoine Doinel, è un irrequieto adolescente interpretato da Jean-Pierre Léaud. Antoine vive con la madre e il patrigno in un piccolo appartamento nella periferia di Parigi. Svogliato e distratto, a scuola viene spesso sgridato dagli insegnati, mentre la famiglia non riesce a capirne i problemi. Il suo unico amico è René, un compagno di classe col quale trascorre la maggior parte del tempo. Un giorno, i due saltano la scuola per andare al cinema e poi si avventurano in giro per la città. Quando Antoine vede la madre che bacia uno sconosciuto, rimane profondamente turbato; il giorno seguente, per giustificare l'assenza da scuola, il ragazzo racconta che la madre è morta.

Ma viene scoperto, decide così di scappare da casa e trascorre la notte in giro per le strade di Parigi. Il giorno dopo ritorna a casa. La madre si dimostra affettuosa e promette ad Antoine un regalo se prenderà un bel voto nel tema in classe. Il ragazzo però copia da un romanzo di Balzac, l'insegnante lo scopre e lo rimprovera davanti a tutti. Rifugiatosi a casa dell’amico René, decide con lui di rubare la macchina da scrivere del patrigno per poi rivenderla. L’affare però non va in porto e quando Antoine si convince a rimettere la macchina a posto, viene scoperto. Consegnato alla polizia dal padre, Antoine trascorre una notte in guardina e viene quindi condotto in riformatorio.

Qui la disciplina è dura e il ragazzo viene sottoposto a stringenti domande da parte di una psicologa. Nel corso di una partita di calcio, Antoine riesce a evadere e dopo aver attraversato in fuga la campagna, raggiunge il mare. I quattrocento colpi tratteggia le difficoltà di un tredicenne che si scontra con le regole del mondo degli adulti. Sincero e diretto, il film di Truffaut è una delle prime opere della Nouvelle Vague, movimento artistico che rivoluzionerà le forme del cinema contemporaneo. I quattrocento colpi ottiene un ottimo riscontro da parte della critica, aggiudicandosi il premio per la miglior regia al Festival di Cannes del 1959.

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