Tra il 1910 e il 1920 il Messico è attraversato da continui conflitti civili e sociali. È la Rivoluzione messicana, la prima rivoluzione del ‘900. Dal 1884, in Messico, il potere è detenuto dal generale Porfirio Díaz. Díaz favorisce i grandi proprietari terrieri che sottraggono le terre comuni dei villaggi ai contadini, in gran parte ridotti a schiavi privi di ogni possesso. I contadini in questo stato vengono detti peones. Díaz vende anche i diritti di sfruttamento dei pozzi petroliferi a capitali stranieri, per lo più statunitensi. Gli introiti, pur permettendo l’avvio dell’industrializzazione del Paese, non vengono redistribuiti equamente. Si acuiscono così le disuguaglianze e la conflittualità sociale.
Nel 1910, Francisco Madero, un possidente terriero di idee liberali, si pone a capo del popolo e dà il via a una rivolta.
Inizia così la Rivoluzione, che ha come principali protagoniste le bande armate di contadini guidate dai guerriglieri Emiliano Zapata e Francisco “Pancho” Villa. I rivoluzionari riescono a rovesciare Díaz nel maggio del 1911 e a insediare al suo posto Madero. Il suo governo però ha breve durata. I grandi proprietari terrieri, guidati dal generale Victoriano Huerta, attuano a loro volta un colpo di stato nel 1913. Huerta diventa presidente. La ribellione popolare riprende con forza. Inizialmente sostenuto dagli Stati Uniti, in breve tempo Huerta perde anche il loro appoggio: il presidente messicano è un acceso nazionalista e non sembra disposto a lasciarsi influenzare dal potente vicino. Così nel 1914 le navi da guerra statunitensi occupano Veracruz, il principale porto messicano.
Incalzato dai rivoluzionari e dagli Stati Uniti, Huerta cade poco dopo. Rimosso Huerta, nel fronte rivoluzionario inizia una guerra aperta tra due opposte fazioni. Da una parte i contadini di Villa e Zapata che, al grido di Tierra y Libertad, chiedono il ritorno alla gestione comunitaria delle terre, tradizione degli Indios. Dall’altra i borghesi e i ceti urbani guidati da Venustiano Carranza, che invece vorrebbero per il Messico uno sviluppo economico moderno. Questi, meglio organizzati, si impongono: nel 1915 Carranza sale al potere. Per placare le rivolte popolari nel 1917 promulga una Costituzione che prevede norme a tutela dei lavoratori e abolisce la servitù per debiti. La Costituzione prevede però solo una parziale redistribuzione delle terre e non soddisfa i contadini, che non depongono le armi. I disordini si protraggono per anni. La situazione comincia a normalizzarsi solo all’inizio degli anni 20. La Rivoluzione Messicana lascia dietro di sé più di 900.000 vittime. Lascia al Messico anche una Costituzione moderna, i cui propositi però vengono attuati solo dalla fine degli anni ’30.