Roberto Baggio nasce a Caldogno, una cittadina nei pressi di Vicenza in Italia, il 18 febbraio del 1967. È il sesto di otto fratelli. All’età di 15 anni inizia a giocare nelle giovanili del Vicenza, in serie C1. Gli bastano 36 partite e 13 reti: tutti iniziano a parlare di lui. La Fiorentina è la prima a crederci e lo acquista nell’estate del 1985. Nel 1990, appena 20enne, viene acquistato dalla Juventus per 15 miliardi di lire. Il calcio italiano perde presto la testa per questo giocatore alto 1 metro e 74, con gambe sottili, e lunghi riccioli neri raccolti in un codino.

Baggio è un genio del pallone, ma per gli allenatori è un calciatore difficile da imbrigliare. Per questo è un campione con la valigia: nella sua carriera veste la maglia della Fiorentina, della Juventus, del Milan, del Bologna, dell’Inter, per chiudere la carriera nel Brescia, sempre con il numero 10. Baggio è un fantasista con alti e bassi, per questo da molti viene spesso considerato un giocatore finito, ma ogni volta ha la capacità di risorgere e di mostrare il suo straordinario talento.

La capigliatura e il suo modo celestiale di toccare la palla gli fanno guadagnare il soprannome di “Divin Codino”. Le sue punizioni sembrano “tocchi di pennello”. È l’avvocato Agnelli a soprannominarlo “Michelangelo”. Baggio diventa il simbolo del calcio italiano nel mondo. Nel 1993 vince il Pallone d’oro. In nazionale colleziona 56 presenze, 27 gol. Tre campionati del mondo. 19 giugno 1990. È il suo primo mondiale e si gioca in Italia. Dopo due partite trascorse in panchina, Baggio entra in campo contro la Cecoslovacchia. Roberto parte da metà campo. Li salta tutti. Il goal più bello del mondiale. È il 78° minuto quando l’Olimpico di Roma esplode.

4 anni dopo ci sono i mondiali di USA ’94. Con 5 reti Baggio trascina gli azzurri alla finale contro il Brasile. Si gioca allo stadio “Rose Bowl” di Los Angeles. I tempi regolamentari così come i supplementari terminano in parità: 0 a 0. Si va ai rigori. Baggio calcia sopra la traversa e il Brasile è campione del mondo. 16 maggio 2004. San Siro. Tutto lo stadio è in piedi ad applaudire un avversario che esce dal campo. È l’addio al calcio di Roberto Baggio.

Pochi calciatori sono stati amati come lui. Baggio oltre ad essere un campione è sempre stato un uomo di cuore. Il 6 aprile del 1991, tornato per la prima volta a Firenze da avversario, si rifiuta di battere un calcio di rigore. La sua Juventus perde 1-0. Nel gennaio 2002, Vittorio Mero, compagno di squadra di Baggio nel Brescia, muore in un incidente stradale alla vigilia della seminale di Coppa Italia contro il Parma. La notizia arriva allo stadio pochi minuti prima del calcio d’inizio. Appresa la notizia, Roberto fa rientrare i suoi compagni negli spogliatoi e la partita non viene giocata.

La religione buddista rende il personaggio di Baggio ancora più affascinante. In Estremo Oriente è uno degli italiani più famosi della storia. Dopo il ritiro dall’attività agonistica si prende un lungo periodo di riflessione. Si dedica alla caccia e alla sua azienda agricola in Argentina insieme alla moglie Andreina, la donna con cui è fidanzato da quando ha 15 anni.

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