Antonio Canova nasce a Possagno, un paese in provincia di Treviso, l’1 Novembre 1757. La sua famiglia lavora e scolpisce la pietra da generazioni: il nonno Pasino è un valido artigiano, soprattutto d’altari. È lui che avvia il giovane Antonio all’arte dello scalpellino. Nel 1768 Canova si trasferisce a Venezia, dove frequenta la scuola di nudo dell’Accademia e studia disegno. Antonio Canova si forma sullo sfondo del Neoclassicismo. Se negli anni precedenti l’arte era tesa a riflettere lo stile sfarzoso della corte papale, al tempo di Canova è la borghesia a farsi portatrice di un nuovo concetto estetico. Si predilige il nudo, la perfezione e l’armonia delle forme, il gusto del movimento: torna l’idea del “bello assoluto”. Il modello è la civiltà classica greca e romana. Canova, è il massimo esponente del Neoclassicismo. Si dice che ne sia stato il Re.
Sono del 1776 le sue prime sculture monumentali: le statue di “Orfeo ed Euridice” e due anni più tardi lavora a “Dedalo e Icaro”, la prima opera in cui utilizza un modello di gesso in grandezza reale, tipica dei suoi lavori successivi. Nel 1779 compie il suo primo viaggio a Roma, dove ottiene le prime commissioni, tra cui “Amore e Psiche”, che viene ricordata come la sua opera più celebre. Il gruppo scultoreo rappresenta una allegoria della leggenda di Apuleio in cui i personaggi di Amore e di Psiche, sono eternati nell’istante che precede il bacio. 1802. Nominato da Pio VII Ispettore Generale delle Antichità e Belle Arti dello Stato della Chiesa, Canova si schiera apertamente contro la spoliazione delle opere d’arte nei territori occupati dai francesi in era napoleonica. Per questo motivo, rifiuta di ritrarre Napoleone nonostante le numerose richieste dell’Imperatore. Solo dopo la restituzione di alcune opere trafugate in Italia, darà vita alle statue “Napoleone come Marte pacificatore” e alla “Paolina Borghese Bonaparte”. Nella sua vita torna nove volte a Possagno, ed è nel suo paese che in particolare si dedica alla pittura. L’11 Luglio del 1818 pone la prima pietra del “Tempio”: opera destinata ad immortalare la memoria della sua arte e donata alla comunità del suo paese natale come chiesa parrocchiale. L’edificio viene ultimato dieci anni dopo la sua morte. Torna per l’ultima volta a Possagno nel 1822, dove gli viene diagnosticata una grave malattia all’intestino. Muore quello stesso anno a Venezia all’età di 65 anni. Il suo cuore è custodito nella Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, mentre il corpo torna a Possagno ed è conservato nel Tempio da lui iniziato.