Umberto Boccioni è uno dei principali esponenti e teorici della pittura futurista, la prima avanguardia artistica italiana di inizio ‘900. Nasce il 19 ottobre 1882 a Reggio Calabria da genitori emiliani. Agli inizi del secolo si trasferisce a Roma dove frequenta lo studio del pittore Giacomo Balla e si avvicina alla pittura dei divisionisti italiani, che accostano i colori puri direttamente sulla tela senza prima mescolarli sulla tavolozza. Insofferente verso la cultura italiana, che considera vecchia e provinciale, Boccioni viaggia all’estero, per stabilirsi definitivamente a Milano nel 1907. Il dinamismo di questa città, nel pieno del suo sviluppo industriale, lo affascina: dipinge Officine a Porta Romana e il Mattino. Con La città che sale si allontana dal divisionismo; il quadro è una sintesi tra luce e movimento dove ogni realismo prospettico viene abbandonato e un turbine di colori ruota vorticosamente verso ogni angolo della tela. È il suo passaggio al Futurismo. Nel 1910, insieme a Gino Severini, Carlo Carrà, Giacomo Balla e Luigi Rùssolo, aderisce al Manifesto dei pittori futuristi nel quale si rifiuta ogni tradizione artistica e si elabora una nuova “estetica della velocità” che deve rappresentare il progresso e il dinamismo dei tempi moderni.
A Boccioni interessa la visione sincronica delle cose: una fusione di movimento, ricordo, rumore. In Visioni simultanee gli edifici sono ammassati uno sull’altro e seguono forzate geometrie sghembe. Nei quadri successivi la realtà è sempre più filtrata dallo stato d’animo dell’artista e restituita alla tela in modo trasfigurato. La figura umana nel trittico degli Stati d’animo, per esempio, è rappresentata da rapide pennellate oblique quando è in movimento, da tratti verticali quando è in stato di quiete. Nel 1912 Boccioni partecipa alla prima mostra collettiva sul Futurismo a Parigi. Sono anni di frenetica attività: l’artista cerca una sintesi tra forma e colore. Nello stesso anno pubblica il Manifesto tecnico della scultura futurista dove applica alla scultura le nuove conquiste formali sperimentate nei dipinti. Nelle figure trovano evidenza concreta elementi dinamici di varia natura: i volumi creati dal movimento, la persistenza dell’immagine nella retina, la rappresentazione dello spazio attraversato dal moto di un corpo. Allo scoppio della prima guerra mondiale Boccioni parte per il fronte. Continua a dipingere, ma abbandona lo sperimentalismo futurista. Il suo stile si concentra ora sulla volumetria e monumentalità della figura umana. Muore a 33 anni il 16 agosto 1916 per una caduta da cavallo. La sua opera, realizzata nell’arco di appena un decennio, rappresenta uno dei maggiori contributi dell'arte italiana a tutte le avanguardie del Novecento.