Kim Philby è stato per quasi 50 anni una delle migliori spie che l’Unione Sovietica abbia avuto in Occidente. Per svolgere al meglio la sua attività di spionaggio a favore dell’Unione Sovietica si infiltra nei servizi segreti inglesi: il lavoro nell’Intelligence britannica gli permette per anni di accedere a informazioni riservate di fondamentale importanza e di consegnarle al governo di Mosca. Harold Adrian Russell Philby, detto Kim, nasce il 1 gennaio 1912 ad Ambala, in India, da genitori inglesi.
Si trasferisce molto giovane in Inghilterra e compie gli studi a Cambridge. È qui che viene a contatto per la prima volta con il comunismo rimanendone affascinato. Philby cerca di prenderne parte attivamente iniziando a collaborare con alcune organizzazioni politiche, prima a Parigi poi a Vienna. Poco dopo entra in contatto diretto con il Partito Comunista di Mosca. Nel 1933 diventa un agente segreto per il governo sovietico. Mosca lo incarica di allacciare amicizie diplomatiche col governo britannico per carpirne informazioni segrete.
Per guadagnare credibilità presso il governo inglese, Philby lavora a lungo per costruirsi una solida reputazione anticomunista. Maestro del doppiogioco, Philby riesce a entrare nelle fila del SIS, i servizi sergreti inglesi, lavorando nella sezione dedicata al controspionaggio ai danni dell’Unione Sovietica. Di giorno è ufficialmente un agente segreto inglese, di notte copia invece dispacci, fotografa codici e trasmette preziose informazioni a Mosca. Nel 1949, grazie all’egregia attività svolta fino a quel momento, il governo inglese lo manda a Washington a intessere rapporti con la neonata Cia, uno dei servizi segreti americani. Anche in questa occasione, Philby riesce abilmente a gestire la sua attività ufficiale e quella di controspionaggio a vantaggio del governo sovietico.
Nei primi anni ’50, però, il Regno Unito scopre alcuni infiltrati nelle fila dei propri servizi segreti. Su Philby si addensano i primi sospetti. L’agente viene comunque mandato in missione dagli inglesi a Beirut, sotto le mentite spoglie di giornalista. I dubbi intorno a lui però crescono: nel 1963 i servizi segreti britannici, dopo aver ricevuto una soffiata, inviano un emissario a Beirut per accertamenti. Intuito il pericolo, Philby fugge a Mosca. Il governo inglese non troverà mai prove concrete contro di lui. A Mosca inizia una nuova attività per conto del KGB, dedicandosi all’addestramento delle nuove spie. Muore d’infarto l’11 maggio 1988 all’età di 76 anni. L’Unione Sovietica gli rende omaggio con un funerale di stato. La sua vita ha ispirato i romanzi Il quarto protocollo di Frederick Forsyth e Il fattore umano di Graham Greene, suo grande amico.