Il 1° giugno 1926 nasce Norma Jeane Mortensen, battezzata Baker, nome del primo marito della madre Gladys Pearl Monroe. Il vero padre è Charles Gifford, il quale però non riconosce la paternità. Nel 1935 la madre ha un forte esaurimento, Norma finisce in orfanotrofio per tre anni e in seguito viene affidata a dodici diverse famiglie. Nel 1941 Grace Goddard, la migliore amica della madre, decide di prendersi cura di Norma. L’anno dopo, compiuti 16 anni, Norma si sposa con James Dougherty, il figlio di un vicino della Goddar.
Nel 1945, dopo essere stata notata da un fotografo, inizia a lavorare per un’agenzia di modelle e firma il primo contratto con la Fox. L’anno dopo si separerà da Dougherty. Appare sulle copertine delle riviste più importanti, ma la sua popolarità esplode con i film Niagara, Gli uomini preferiscono le bionde e Come sposare un milionario. Norma è ormai per tutti Marilyn Monroe: la star che dichiarerà di andare a letto con solo una goccia di Chanel N°5. E’ il 1954 quando sposa il campione di baseball Joe DiMaggio: la loro unione dura solo 10 mesi.
Marilyn, rescinde il contratto con la Fox e vola a New York per studiare all’Actor’s Studio. Qui incontra il suo terzo marito, il commediografo Arthur Miller, da cui divorzia nel 1961 dopo cinque anni di matrimonio. Tornata a Hollywood ottiene grande successo con i film di Billy Wilder Quando la moglie è in vacanza e A qualcuno piace caldo, ma è sempre più preda di crisi esistenziali e depressione. Inizia così a fare uso massiccio di droghe e antidepressivi. Al compleanno di John Fitzgerald Kennedy, Marilyn, con malizia, intona “Happy Birthday Mr. President”. Sono infatti di questo periodo i pettegolezzi che la vogliono invischiata in una relazione con il Presidente degli Stati Uniti.
Il 5 agosto 1962, a soli trentasei anni, Marilyn viene trovata senza vita nella sua camera da letto. Il medico che esegue l’autopsia dichiara che si tratta di suicidio causato da un’overdose di barbiturici. A distanza di tempo, vi sono molti lati oscuri nella ricostruzione dei fatti. Il ritardo dei soccorsi e la scomparsa delle fotografie dell’inchiesta hanno favorito il proliferare di miti e leggende, in particolare riguardo alla relazione con Kennedy. Ma la morte di Marilyn è soprattutto la morte di un simbolo. Lei, che pure aveva un passato tragico, in dieci anni ha vissuto tutto: la gloria e l’abbandono, l’apoteosi e la dannazione.
La sua fine è la fine del sogno, quel sogno americano che spinge le persone fino alla vetta, senza poi poterne frenare la caduta.